Voci (su Xavier Forneret)

12.02.2017 00:15

«Quest'inverno, cioè circa due mesi fa, forse più, Ricourt ha allestito, con un certo lusso di messa in scena e di manifesti stampati, un'opera notevole, Madre e figlia, del signor Xavier Forneret. Un altro giorno faremo conoscere ai nostri lettori il signor Xavier Forneret, una delle personalità più originali di quest'epoca, uno dei talenti più singolari da esaminare da vicino»1.

 

«Il signor Xavier Forneret è nato a Beaune. Ha fatto un dramma intitolato Madre e figlia, e un romanzo che porta il titolo di Caressa. Inoltre, nei giorni scorsi, ha fatto anche… un processo al signor Théophile Deschamps, caporedattore del Monde Dramatique.

Sembra che nel 1846 il signor Forneret fosse venuto a Parigi per fare recitare il suo dramma. Si rivolse al signor Deschamps, e fece apparire sul suo giornale diverse pubblicità da 1 franco a riga. Oltre al suo dramma, aveva nel portafogli Caressa e diversi saggi letterari su svariati argomenti, come ci ha informato l'Avv. F. Duval, suo legale. Poco alla volta, tra il signor Deschamps e lui, si stabilirono dei rapporti più stretti, e gli prestò la somma di 740 franchi in cambiali. Il signor Deschamps continuò a pubblicare le sue inserzioni. Ma, un bel giorno, egli reclamò il pagamento delle cambiali scadute; allora il signor Dechamps lo pregò, da parte sua, di saldare la somma di 1309 franchi, ammontare delle inserzioni fatte a suo nome in ragione di 1 franco a riga. Su questo processo l'Avv. Vellaud, difendendo il signor Deschamps, racconta con spirito i primi passi del signor Forneret nella carriera letteraria. Ce lo mostra mentre porta la sua pièce di teatro in teatro e a questo proposito dice che “il fu Desnoyers, direttore dell'Ambigue, aveva ricevuto 8000 franchi per mettere in scena Madre e figlia, ma che, posto tra l'alternativa di tener fede alla sua parola e quella di non mantenerla, preferì lasciarsi morire”. Comunque sia e malgrado la spiritosa requisitoria dell'Avv. Vellaud, il tribunale ha condannato il signor Deschamps. C'erano delle cambiali sottoscritte»2.

 

«La lingua tormentata, preziosa e oscura che costituisce la preoccupazione della piccolissima scuola dei decadenti non è un'invenzione di oggi. Étienne Eggis e Angelo de Sorr la praticavano nel 1852 e già essa aveva il suo poeta, un mezzo matto chiamato Xavier Forneret.

Quest'ultimo faceva stampare a sue spese gli incubi delle sue notti e non usciva mai senza nasconderne una dozzina di esemplari nelle tasche.

Dopodiché, si fermava davanti alle bancarelle e, al contrario dei ladri, aspettava che il venditore avesse girato la testa per far scivolare le sue opere tra i libri in vendita.

Era giunto in questo modo – che non ha niente di riprovevole – a una qualche notorietà3».

 

«Se i letterati difettavano quanto a distinzione, rimediavano con il pittoresco che ha pure il suo fascino; il cappello era il loro successo, il loro trionfo sulla moda sciocca, il gusto del giorno, nella costante lotta contro il cappello di seta, al quale la maggior parte continuava ad opporre feltri di ogni forma e misura, dal feltro a larghe falde di P.-J. Proudhon, fino al feltro piccolo e morbido del Victor Hugo degli ultimi tempi, passando per quello del marchese de Belloy, quello di Toussenel, di Auguste Luchet, il piccolo feltro di Gustave Mathieu, spavaldamente poggiato sull’orecchio, il feltro malinconico di Auguste de Châtillon e perfino il feltro casuale di messer Henri d’Audigier, corrispondente de La Patrie durante la guerra d’Italia, e che diceva ai suoi lettori: Mi metto un cappello alla Cavour, cosa che mi dà un’aria da brigante; sfortunatamente non scriveva con il cappello in testa, e la sua prosa così come la sua aria riprendevano in fretta il loro modesto tran tran abituale…, di feltri morbidi, potrei citarne un centinaio. Quanto ai cappelli bizzarri, ce n’era pure abbastanza, compreso il cappello a larghe falde di Jean Vallon, il Colline de La Vita di Bohème, il cappellino di forma bassa ugualmente a larghe falde di Émile Marco Saint-Hilaire e il cappello a punta di Xavier Forneret»4.

 

«La Revue de la Côte d'Or aveva esaminato in due articoli le opere di uno scrittore, il signor Xavier Forneret. Questo le era concesso. Ma essa aggiunse che l'autore sembrava “privo di ragione e scappato da un ospizio di alienati”. Al signor Forneret parve che questa conclusione uscisse dai limiti di una critica seria, e citò per diffamazione il responsabile della Rivista, il signor Blondeau de Jussieu. Il tribunale di Beaune dette torto al querelante; la critica delle sue opere, dichiarava nella sentenza, è consentita ai redattori della Revue de la Côte d'Or, e il tribunale “non deve esprimersi sulla convenienza delle espressioni”; d'altronde esse non colpivano affatto l'onore né la considerazione di Forneret, ma unicamente la sua reputazione come scrittore. Il signor Forneret non accettò la sentenza più di quanto avesse accettato gli articoli; sapeva di avere ragione: fece appello. La Corte Reale di Digione sposò le motivazione dei primi giudici. Allora ricorse in Cassazione, e stavolta vinse la causa: la sentenza fu cassata il 29 novembre 1845. La Corte riscontrava negli articoli incriminati “degli attacchi gravi alla persona di Forneret”; essa dichiarava che “l'imputazione offensiva” di cui egli si lamentava, “aggravata inoltre dalla rozzezza delle espressioni, mirava non soltanto a coprire il querelante di ridicolo, ma attaccava inoltre la sua considerazione, e che rifiutando di riconoscere in simili affermazioni uno dei caratteri di diffamazione determinati dall'articolo 13 della legge del 17 maggio 1819, la sentenza impugnata aveva formalmente violato quell'articolo”. La Corte di Cassazione si allineava così al parere espresso l'anno precedente dal tribunal correctionel della Senna. Dopo questa incertezza passeggera, la giurisprudenza fu definitivamente fissata: il diritto di critica, assoluto sull'opera dello scrittore, si ferma davanti alla sua persona»5.

 

Xavier Forneret nel 1840 (incisione di Auguste Legrand)

Traduzioni di Alessandro Trasciatti

 

Note
1Charles Monselet, Le Musée secret de Paris, s.d., p. 170.
2Revue anecdotique des lettres et des arts: documents biographiques de toute nature, nouvelles des librairies et des théâtres, bons mots, satires, épigrammes, excentricités littéraires de Paris et de la province, bouffonneries de l'annonce, prospectus rares et singuliers, 1859, n. 11, t. IX, pp. 241-242.
 
3Aurélien Scholl, Paris en caleçon, 1887, pp. 82-83.
 
4Firmin Maillard, La cité des intellectuels: scènes cruelles et plaisantes de la vie littéraire des gens de lettres au XIXe siècle, Parigi, 1905, p. 329.
5Max Butteau, Droit de critique en matière littéraire, dramatique et artistique, 1910, pp. 72-73.