La Riviera di Valentino

06.04.2022 21:46

È un libro pacatamente, inavvertitamente filosofico quello con cui Valentino Ronchi,  conosciuto bene nel mondo della poesia, esordisce in prosa. Un romanzo non romanzo che riconcilia con lo stare al mondo, comunque vada questa cosa che chiamiamo vita. In un certo senso, tutto è nella frase in esergo del filosofo e musicologo Jankélévitch: «Se la vita è effimera, il fatto di aver vissuto una vita effimera è un fatto eterno». Poco conta che si tratti di una vita eccelsa o misera, oppure ordinariamente agiata come quella di Marianna Delfini, la protagonista, ragazza di grande bellezza e talento negli studi, figlia di quella media borghesia milanese che aveva eletto a dimora il piccolo paradiso perduto del quartiere Riviera, giovane madre che riesce a ritagliarsi un suo modo felice di resistere agli urti dell’esistenza e che, tuttavia, sarà spazzata via, con tutta la famiglia, da una tragica manata del caso. Ma appunto avrà vissuto la sua vita, come tutti, e questo resta incontrovertibile, definitivo, eterno. Può sembrare ovvio e di poco peso, ma è un antidoto all’assillo angoscioso di sparire nel nulla, di non lasciare traccia nella memoria del mondo.

Un romanzo che in fondo non lo è, perché non ha niente di romanzesco, è il racconto di una vita ordinaria, con le sue pene tranquille, i suoi fulgori e i suoi appannamenti, dove l’unica trama è quella del tempo che passa. Forse la sola concessione al romanzesco è l’abbandono temporaneo delle mogli da parte dei mariti in quello che sembra un destino familiare: Jonathan con Marianna, come prima di lui aveva fatto il padre di Marianna con la moglie Rosanna e prima ancora di lui il nonno con la nonna.

E a un certo punto di questa storia dove non succede niente che non potrebbe succedere altrove, proprio all’inizio di una vacanza di famiglia, arriva un incidente d’auto in autostrada che pone fine a tutto. Ci viene detto con una tale sobrietà di modi, con una parsimonia di parole tale che la lettura subisce un contraccolpo e si resta attoniti, come attoniti e senza parole ci lasciano le disgrazie inattese.

La vicenda poi continua per qualche pagina, il libro non finisce e, prima di prendere l’insolita forma di due appendici retrospettive, il narratore continua a dirci di chi è restato, della vita che continua nonostante la voragine improvvisa. (Ma chi è davvero che parla, che ci informa dei fatti con partecipazione composta, senza enfasi alcuna, con un gusto della precisione oggettiva mutuato forse dal poeta Giampiero Neri?). Questa storia così milanese nei nomi e nei paesaggi urbani (ma di una Milano quieta e periferica) si conclude con queste parole: «In una delle ville della Riviera, una di quelle più recenti, del Novecento, nacque e visse Marianna Delfini, bambina, ragazza, donna di rara bellezza. E passò, come tutti, e come passa il tempo, senza realmente passare». Parole che fanno eco a quelle di qualche pagine prima: «la vita è solo in apparenza lo svolgimento di una durata. Chi è attento, come attenti si dovrebbe essere, gira sempre con appresso una valigia di cose fatte e viste, amate, perdute. Una specie di sacca larga, a tracolla, da sport, cui via via aggiunge le nuove».

(Valentino Ronchi, Riviera, Fazi Editore, 2021, pp. 128)