Nota volante su "L'imitazion del vero" di Ezio Sinigaglia

12.02.2021 11:24

Il moto iniziale, leggendo le primissime pagine, è stato di forte sorpresa per la scelta
grandemente desueta del genere e della lingua. Poi è subentrato subito il
divertimento per la storia boccaccesca, comica, inverosimile nell'esagerata ingenuità
di Nerino e nella mirabolante (quasi fantascientifica) capacità tecnica di Mastro
Landone di addomesticare il legno. Poi, però, c'è stato in me come un attimo di stasi:
ho cominciato a chiedermi dove portasse tutto questo, se in fondo non fosse altro
che un eccezionale, raffinatissimo “divertissement”. Un esercizio di stile insomma, da
parte di uno scrittore straordinariamente colto e dotato di non comuni capacità
imitative, che magari ha in uggia (e non del tutto a torto) la letteratura
contemporanea. Me lo sono chiesto provvisoriamente e ho continuato a leggere.
E leggendo, devo dire, che oltre all'innegabile “divertissement”, viene fuori molto
altro. Direi soprattutto una finezza di scavo analitico nei personaggi, scandagliati
nelle loro congetture erronee (Mastro Landone), nelle loro paure, nei desideri
nascosti come in un romanzo moderno ma - questo è il bello - con categorie e
linguaggio antichi e la cosa funziona benissimo. Ad esempio, le prime esperienze
autoerotiche di Nerino nell’ombra di un giaciglio nascosto, sono descritte così, con
sguardo bonariamente ironico: Facevano in effetto quei materassi eco ai suoi moti,
sì che sopra l’onde pareva di galleggiar navigando. Credevasi Nerino veleggiar
solitario verso una terra ignota, donde grandissima paura sentiva, ma d’essere il
primo a scoprirla aveva egli ancor più grandissima e imperiosissima brama
(p. 17).
Con il progredire della novella, le esperienze sessuali si fanno più coinvolgenti e
paradossali e anche il linguaggio, che pure non lascia mai l’ambito metaforico,
diviene quasi trasparente, come nel caso del “dito del gigante” (cioè di Mastro
Landone) che non si fatica a immaginare quali segreti di Nerino vada a esplorare.
Ma al di là dei momenti erotici e carnali ci sono pagine di atmosfera notturna di
grande suggestione, come quella in cui Nerino ha paura del rumore dei propri passi:
Nero nel nero se n’andava Nerino, ed i suoi passi facevan dentro il vuoto del silenzio
una fortissima eco, sì ch’ad ogni passo il rumor di due passi il fanciullo udiva, e
d’esser seguito si credeva, e spesso spaventato alquanto indietro si volgeva
(p. 81).
Insomma, un libro notevole, anzi direi una bellissima pazzia. Bizzarro, davvero
inaspettato, colto e divertente. Ma quali sono i modelli letterari a cui Sinigaglia ha
attinto? A quali autori si è rifatto? Perché dire "novella boccaccesca" o "sollazzevole
storia" è corretto, ma alla fine generico, qui siamo nel ’500 e la lingua non è certo
quella del Decamerone . Non avrà guardato piuttosto alle Piacevoli notti di
Straparola, alle Cene del Lasca o alle Novelle di Matteo Bandello?

A.T.