Pensierino su "Diario del sonno" di Paola Silvia Dolci
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Paola Silvia Dolci | poesia | libri | novità | psicoanalisi | psichiatria
Scrive Marco Giovenale nella postfazione a questo libro: "Se un'autrice o un autore può e deve far esplodere la forma romanzo o più in generale la narrazione, questo è il caso, forse". Diario del sonno si presenta infatti come una serie di frammenti, affioramenti memoriali e resoconti onirici che non seguono un ordinamento cronologico ma una logica affettiva. "Una 'trama' può essere ricostruita con qualche attendibilità solo ad una seconda o terza lettura" (Giorgio Galli). Le indicazioni temporali poste in testa a ogni frammento ("Ho tre anni", "Ho sedici anni", "Ho venticinque anni"...) non aiutano nella ricostruzione giacché rimandano all'età emotiva che l'io narrante si attribuisce in un dato momento. Sembrerebbe un rompicapo ma non lo è. Basta lasciarsi andare al flusso verbale di questo testo che non era nato con intenzioni letterarie, ma come strumento d'introspezione da fornire - a quanto dice l'autrice - al suo analista. O meglio, nella figura del Dottore confluiscono quelle di uno psichiatra (prima) e di uno psicoanalista (poi). "Niente di più egoriferito" dice ancora Giovenale. Eppure...
Eppure lo si legge, questo Diario del sonno, come una storia che appassiona perché va a toccare corde profonde che risuonano in tutti, purché si abbia la capacità di simpatizzare un minimo con la fragilità umana, di ogni singolo essere umano, al di là delle idee professate, della fortuna, del posto occupato nel mondo. Colpisce l'ambivalenza dei legami affettivi, in cui si cerca rifugio e da cui al contempo ci si sente oppressi. In particolare c'è la lotta di una figlia per liberarsi dalla tutela di una madre oppressiva e di un padre assente. E tuttavia, a dimostrazione di quanto i sentimenti siano sfumati e contraddittori, l'odio dichiarato per la madre non impedisce alla figlia di allearsi con lei per dare addosso al padre latitante. Non c'è mai un sentimento che sia univoco, che non lasci spazio al suo contrario. E infatti, tra le pagine più struggenti, c'è poi un elenco di bei ricordi legati alla presenza del padre. Per esempio: "Alle medie qualche volta, dopo una malattia, mi porta a scuola in macchina perché non prenda freddo. Una mattina vediamo una civetta sul muretto di un ponte. Si ferma e me la lascia guardare. Sono contenta e lo ricorderò per tutta la vita. Mi piace guardare il cielo all'alba d'inverno in macchina con lui". Chi non ha di questi ricordi? A me è stato impossibile non pensare a quando guardavo il cielo insieme a mio padre, non il cielo dell'alba ma quello stellato della notte, lui con un libro di astronomia sulle ginocchia, per cercare di indicarmi le costellazioni.
Questo Diario del sonno mi ha richiamato, più per opposizione che per somiglianza, il Signore d'oro di Vivian Lamarque. L'affinità forse è solo nell'argomento, nella superficiale analogia dello scenario terapeutico. Ma se il libro della Lamarque è il canzoniere di un amore devoto e impossibile per l'analista, quasi niente ci viene detto sul privato della paziente, sulle sue difficoltà psicologiche, sulle asperità del suo vissuto. Nel Diario del sonno invece non ci vengono risparmiati tentativi di suicidio, di autolesionismo, attacchi di panico, risse tra madre, figlia e zia (con botte vere), squarci di vita sessuale, pianti, invettive. Ma l'autoironia è sempre lì a stemperare il dramma e Paola, ogni volta che il Dottore le chiede cosa voglia fare della sua vita, gli risponde: "Voglio fare il guardiano del faro".
A proposito di suicidi, c'è un capitolo interessante dove la Dolci stila un elenco di scrittori più o meno celebri, che hanno dedicato il proprio tempo a sperperare la vita, a disattendere i progetti fatti, fino ad alcuni che si sono dati all'alcol o si sono suicidati: Dostoevskji, Céline, Hemingway, Woolf e Plath, Svevo e Pessoa, Petronio e Lucrezio... Conclude così: "Vorrei conoscere la percentuale di scrittori morti suicidi e quelli morti per cause naturali, buon tema per un libro".
Annoto infine che si è detto, seppur con tutte le cautele del caso, di "romanzo", "storia", "narrazione"... ma il Diario del sonno, non ce lo dimentichiamo, è uscito in una collana di poesia e questo vorrà pur dire qualcosa.
Paola Silvia Dolci, Diario del sonno, pagine 228, Le lettere, 2021, collana novecento/duemila diretta da Diego Bertelli e Raoul Bruni.